Nel destino di Eusebio Di Francesco c’era il ciclismo, lo sport della fatica per eccellenza in una regione, l’Abruzzo, che di talenti su due ruote ne ha prodotti tanti. Poi scelse il calcio, lo prese l’Empoli che nel 1988 lo fece esordire a Torino contro la Juventus. Nelle stagioni successive tanta gavetta tra Serie B e C1, poi l’occasione di mettersi in mostra in A gliela diede il Piacenza di Gigi Cagni. Nel 1997 arrivò la chiamata della Roma e nella vita di Di Francesco cambiò tutto. Non tanto per le 16 convocazioni in Nazionale che arrivarono nel periodo romano, e neanche per lo scudetto conquistato nel 2001 sotto la guida di Fabio Capello.
Al giovane Di Francesco toccò la marcatura di un certo Massimo Mauro.
Fondamentale fu per Di Francesco l’incontro con Zdenek Zeman, il tecnico dal quale mutuerà tutto. A partire dal 4-3-3, schema di predilezione che non ha eguali, tant’è vero che Di Francesco ha ammesso di non allenare altri sistemi da quando è a Sassuolo. Entrambi condividono un’idea di gioco verticale, guidato dai tagli delle punte, movimenti sincronizzati e mandati a memoria attraverso ore di addestramento. Per Zeman e per Di Francesco si difende attaccando in avanti, aggredendo con tanti uomini il portatore di palla avversario. L’unica differenza è nella preparazione fisica: Di Francesco risparmia ai suoi le ripetute con i sacchi di sabbia in spalla e i salti sui gradoni dello stadio. Perché il lavoro restituisce tutto, ma alla sofferenza c’è un limite.
Anche da allenatore, Di Francesco non si è risparmiato la gavetta: iniziò la stagione 2008-09 in Lega Pro a Lanciano, ma venne esonerato a fine gennaio; rilevò la panchina del Pescara esattamente un anno dopo e conquistò la promozione in B. Ancora una stagione con gli abruzzesi, e poi il primo salto in Serie A con il Lecce. Venne sollevato dall’incarico nel dicembre del 2011, dopo 13 partite, 9 sconfitte e 23 gol incassati.
Di Francesco sapeva di valere la massima categoria e accasò a Sassuolo che, all’inizio della stagione 2012-13, puntava alla promozione diretta in A. Il resto è storia dei nostri giorni: il Sassuolo vinse quel campionato di B e 3 anni dopo si gioca l’accesso al tabellone principale di una competizione europea. Nel suo curriculum un’unica macchia: quell’esonero affrettato nel primo anno di Serie A e ritirato poche partite dopo dallo stesso patron Squinzi.
A sbarrare la strada verso l’Europa League c’è la Stella Rossa, una squadra per certi versi speculare ai neroverdi: non ha più grandi talenti da mettere in vetrina, ma ha il peso del passato glorioso dalla sua. Il 3-0 dell’andata dà a Berardi e compagni un vantaggio consistente, se dovesse passare il turno per il Sassuolo e per Di Francesco si aprirebbero le porte verso l’élite del calcio europeo e, forse, verso l’inizio di una nuova storia.